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Città Sant’Angelo, tra mare e monti

Città bimillenaria tra le colline pescaresi, nel 2018 Forbes l’ha classificata sesta tra i migliori luoghi dove vivere, definendola “un angolo di paradiso, il segreto meglio custodito d’Italia”

di Davide De Vincentiis

Le sue origini sono oscure e ancora dibattute. Le prime tracce di insediamento umano risalgono all’età tardo repubblicana e alto imperiale; queste testimonianze fanno presupporre che la Angulum citata da Plinio nella “Naturalis historia” sia proprio Città Sant’Angelo. Il centro era abitato dai Vestini, popolazione che occupava quella porzione di territorio da Prifernum (odierna Assergi) all’Adriatico. Tra IV e V secolo sorsero le prime chiese tra Angulum e Hatria e al 13 ottobre 875 è datato il primo documento ufficiale nel quale la città è menzionata: l’Imperatore Ludovico II accorda con un privilegio al Monastero di Casauria la zona di “CIVITATE S.ANGELI”. Nell’alto Medioevo la città fu conquistata dai Longobardi, da cui deriva il toponimo poichè questo popolo era molto devoto all’arcangelo Michele. Andata poi ai conti di Loreto, nel 1239, nello scontro tra Federico II e Gregorio IX, Città Sant’Angelo si schierò con il papa e fu distrutta dal giustiziere d’Abruzzo Boemondo Pissone su ordine del sovrano. Un anno dopo, il monarca fece ricostruire l’abitato in tre casali, senza cinta muraria. Nel secolo successivo furono frequenti gli scontri con Atri (specie per il controllo del mare) e Penne, le due sedi vescovili: per riportare l’ordine era spesso necessario l’intervento della Corona. Dalla seconda metà del XV secolo, grazie ai privilegi concessi da Ferdinando I d’Aragona, la città visse un periodo molto florido, che finì nei primi anni del Cinquecento, quando passò a Ferrante Castriota, il quale la elevò a Marchesato, comprendente anche Moscufo, Montesilvano e Spoltore. Alla sua morte passò ad Alfonso Carafa, già Duca di Nocera. Mezzo secolo dopo Città Sant’Angelo cambiò nuovamente proprietà, passando ad Alfonso Piccolomini Conte di Celano. Nel 1608 il Marchesato venne acquistato dalla potente famiglia genovese dei Pinelli. Dopo il sisma del 1706, la città rivoluzionò il suo aspetto, poichè il barocco in alcune chiese prese il posto del romanico e iniziò a svilupparsi l’architettura della borghesia agraria. Addirittura, sia nel terremoto del 1706 sia in quello del 1709 crollò il campanile della Collegiata di San Michele Arcangelo, la seconda volta pare per un fulmine. Nel 1814 la città fu protagonista dei moti carbonari prontamente respinti dall’esercito murattiano. I capi angolani della congiura furono poi fucilati a Penne. Dopo la Restaurazione, nel 1832 Ferdinando II di Borbone visitò la città, rimanendo colpito dalla bellezza del panorama. Il re tornò nella primavera del 1847, con la consorte Maria Teresa d’Asburgo. Nel 1861 venne annessa al Regno d’Italia. Più recentemente, nel maggio 1944 la città venne bombardata dagli statunitensi, provocando morte sia tra i civili sia tra i militari tedeschi. Infine fu liberata nel giugno successivo ed oggi è uno dei più importanti centri del Pescarese.

Il luogo significativamente più rappresentativo della città è la Collegiata di San Michele Arcangelo, costruita nel 1329 sopra la vecchia cappella longobarda risalente al IX secolo e distrutta per volere dello svevo. Il campanile, realizzato in laterizio secondo lo stile rinascimentale, fu costruita da Antonio da Lodi, autore anche delle torri del Duomo di Teramo, della Basilica di Santa Maria Assunta ad Atri, della Collegiata di Santa Maria in Platea a Campli, della chiesa di Sant’Agostino a Penne e della Cattedrale di San Giustino a Chieti, che sono tra loro, torri gemelle. La paternità del portale, di gusto gotico, è incerta: alcuni affermano sia il lancianese Francesco Petrini, autore anche della chiesa di Santa Maria Maggiore a Lanciano, mentre altri rilanciano il nome di Raimondo da Poggio, autore della facciata dello stesso Duomo di Atri. L’interno a due navate (dedicate a San Michele e San Giovanni), di influsso barocco, contiene varie opere di pregio, come la statua lignea dell’Arcangelo Michele che schiaccia il dragone, risalente al XIV secolo, il monumento funebre al vescovo Amico di Buonamicizia del secolo successivo, il seicentesco coro in legno e, di età novecentesca, il soffitto a cassettoni eseguito da artisti locali. Minori ma comunque di valore sono le chiese di San Francesco, Santa Chiara, San Bernardo, Sant’Antonio da Padova e Sant’Agostino d’Ippona nel centro storico, e nelle omonime contrade la Chiesa della Madonna della Pace, dell’Annunziata e di Sant’Agnese, Sant’Antonio Abate a Villa Cipressi e Sant’Agostino di Canterbury a Marina.

Importanti sono anche i numerosi palazzi gentilizi del centro storico e il teatro comunale.

Tra i prodotti tipici troviamo i maccheroni alla mugnaia e il cif e ciaf, ricavato dalle parti non edibili del maiale e che si consuma il giorno stesso della macellazione.

Tra gli eventi si segnalano: la festa patronale di San Michele Arcangelo che si tiene il lunedì dopo la terza domenica di settembre, il Carnevale “di ‘Ndirucce”, a cui partecipano le varie contrade e “Dall’Etna al Gran Sasso”, nato dal gemellaggio tra Città Sant’Angelo e il comune catanese di Nicolosi, che si tiene ogni anno nel mese di luglio e dove si uniscono le tradizioni folcloristiche, gastronomiche e religiose delle due regioni.

 

Info:

https://visitcittasantangelo.it

Bibliografia

  • Passione Angolana. Storia inedita di lotte ed intrighi per la sopravvivenza ed il potere a Città Sant’Angelo, in Abruzzo Ulteriore, tra il XIII ed il XVII secolo, di Lorenzo Valloreja, Ianieri Edizioni
  • Città Sant’Angelo. Ipotesi di un racconto per immagini, di Massimo D’Arpizio e Graziano Gabriele, La Stampa
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