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ZES, Zone Economiche Speciali e modelli internazionali di successo

In Italia il Decreto Legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017 n. 123, ha previsto la possibilità di istituzione delle Zes, una irripetibile opportunità di crescita per i territori e per favorire sugli stessi una rinnovata attrattività degli investimenti

a cura di Alessandro Cianfrone*

In Italia il Decreto Legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017 n. 123 e successive modificazioni, ha previsto la possibilità di istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES), una irripetibile opportunità di crescita per i territori e per favorire sugli stessi una rinnovata attrattività degli investimenti.

Il ricorso alle ZES rappresenta un importante incentivo allo sviluppo economico, che all’estero ha già avuto una larga diffusione.

Le Zone Economiche Speciali, infatti, nascono in Cina tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, per attrarre imprese e investimenti nazionali ma soprattutto internazionali come motore per lo sviluppo e la crescita economica del Paese.

Si tratta di importanti catalizzatori di progresso, crescita e innovazione, tanto che nel mondo se ne contano circa 4.500. Il 75% si trova in Asia, di cui il 47% in Cina, mentre in Europa ce ne sono 105. Un modello particolarmente interessante è quello della Polonia, con ben 14 ZES che hanno favorito la creazione di 296.000 nuovi posti di lavoro.

I diversi tipi di Zone Economiche Speciali sono accomunati dagli obiettivi che i Governi si prefissano al momento della loro istituzione:

    1. Attrarre investimenti diretti esteri (IDE)
    2. Creare nuovi posti di lavoro
    3. Supportare una più ampia strategia di riforma economica del sistema Paese
    4. Sperimentare nuove policies, da espandere poi a livello nazionale in caso di successo

 

In base al suddetto Decreto Legge, “Per  ZES  si  intende una zona  geograficamente  delimitata  e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purche' presentino un nesso economico  funzionale, e che comprenda  almeno un'area portuale con le caratteristiche  stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013  del  Parlamento  europeo  e  del Consiglio, collegata alla rete transeuropea  dei  trasporti  (TEN-T)”.

Il Governo italiano ha scelto di utilizzare lo strumento delle ZES attorno ai principali scali portuali del Mezzogiorno allo scopo di limitare la posizione di svantaggio con l’Europa del nord e il grave ritardo infrastrutturale del meridione facendo leva sull’economia marittima.

Secondo la normativa italiana, la possibilità di istituire le ZES è in capo alle Regioni interessate, cui spetta anche il compito di stendere il relativo Piano di sviluppo Strategico che dovrà essere approvato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Con il DPCM 25 gennaio 2018 è stato adottato il Regolamento recante l’istituzione di Zone Economiche Speciali (ZES) (GURI Serie Generale n. 47 del 26 febbraio 2018).Con il Decreto del Direttore generale dell’Agenzia per la coesione territoriale n. 11/2021 è stata istituita la Segreteria di supporto ai Commissari delle Zone Economiche Speciali (ZES).

Al momento, quattro Zone Economiche Speciali sono state istituite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:

  • ZES Calabria;
  • ZES Campania;
  • ZES Ionica, Zona Economica Speciale interregionale compresa fra la Puglia e la Basilicata;
  • ZES Adriatica, Zona Economica Speciale interregionale compresa fra la Puglia e il Molise.

Sostanzialmente i vantaggi delle imprese insediate nelle ZES italiane consistono:

  1. a) in procedure burocratiche semplificate;
  2. b) accesso ad infrastrutture di alto livello;
  3. c) crediti d’imposta per gli investimenti.

Le ZES sono state rafforzate dalle misure adottate nel Decreto Crescita, che prevede lo stanziamento di 300 milioni di euro a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione per gli anni 2019-2020-2021 (50mln per il 2019, 150mln per il 2020, 100mln per il 2021).

Di recente, poi, la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020) ha introdotto una riduzione del 50% dell’imposta sul reddito per le imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica all’interno delle Zone Economiche Speciali, a decorrere dal periodo d'imposta nel corso del quale è stata intrapresa l’attività e per i sei periodi d'imposta successivi (commi 173-176  art. 1 della citata legge).

Le ZES, quindi, rappresentano un’importante opportunità per il Mezzogiorno d’Italia di aprirsi davvero a scenari interazionali.

Secondo le stime di Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Srm), il Centro Studi collegato al Gruppo Intesa San Paolo, dopo 10 anni dalla loro costituzione le Zone Economiche Speciali generano un incremento dell’export del 40%, che nel caso del Mezzogiorno varrebbe 18 miliardi di euro, gli investimenti pubblici hanno un effetto moltiplicatore di 3:1 e ogni euro di credito d’imposta ne genera due di capitali privati, a beneficio dell’intero sistema portuale e di interscambi che si diramano dal Mediterraneo.

Lo studio di SRM pone in evidenza che, dal punto di vista degli investimenti, le ZES di Campania e Calabria hanno ottenuto i risultati migliori.

A livello internazionale gli Emirati Arabi Uniti sono tra i paesi che più si sono interessati alle ZES italiane, in particolare a quelle Campane. Nel 2019, infatti, si è svolta una missione italiana a Dubai, nella quale sono stati coinvolti il Governo italiano, rappresentato dal Ministro Luigi Di Maio, e circa 170 soggetti tra imprese, organizzazioni di rappresentanza e banche.

Durante la missione ha avuto particolare rilievo la presenza di Intesa Sanpaolo che si è presentata agli investitori emiratini e internazionali con diversi appuntamenti a partire dalla presentazione delle Zone Economiche Speciali italiane e, in particolare, delle tre ZES del Mezzogiorno, con un evento patrocinato dall’Ambasciata d’Italia.

Il Gruppo ha sostenuto le Zone Economiche Speciali sin dalla loro istituzione nel 2017, prevedendo un plafond di 1,5 miliardi di euro per le imprese interessate a realizzare investimenti nelle ZES.

Gli Emirati Arabi rappresentano un interlocutore strategico per le ZES italiane. Si consideri che nel 2018 l’interscambio fra Italia ed Emirati Arabi Uniti è stato pari a 6 miliardi di euro, di cui oltre 3,6 miliardi ossia il 60% attraverso trasporto marittimo. Macchine ed elementi meccanici costituiscono circa il 30% delle merci trasportate, seguiti da petrolio e gas (23%) e, a seguire, metalli, prodotti chimici, automobilistici e aeronautici.

Ancora una volta, tra le ZES quella Campana si è distinta per avere un occhio attento agli scenari internazionali. Il Piano di Sviluppo Strategico della ZES, infatti, appare ispirato al modello della Economic Zones World di Dubai, uno sviluppatore e operatore di zone economiche, tecnologia, logistica e parchi industriali che punta alla creazione di un network di infrastrutture a livello globale.

Visti gli strumenti messi in campo dai vari “competitor portuali”- l’Egitto ad esempio ha istituito la più grande ZES nel Mediterraneo, la Suez Canal Zone, attirando investimenti cinesi e russi – anche le altre ZES italiane potrebbero trovare ispirazione dai modelli internazionali di successo, proprio per dare una accelerata e non rimanere indietro.

Il lavoro delle Regioni, tuttavia, andrebbe agevolato e supportato adeguatamente e, in questo, è necessario un intervento più incisivo da parte del Governo.

Come evidenziato da Maurizio D’Amico nell’articolo La nuova partenza dell’Italia può nascere da una zona economica speciale di salvaguardia, “…bisognerebbe rendere più incisivi i benefici fiscali previsti, introducendo un’effettiva defiscalizzazione, a favore di nuovi insediamenti o di imprese preesistenti, nel rispetto della Carta degli Aiuti a finalità regionale attualmente vigente per l’Italia, la cui durata dovrebbe riguardare un periodo ragionevole al recupero degli investimenti”. Ciò renderebbe le ZES più attrattive, al pari delle Zone Economiche Speciali presenti in altri Paesi.

In aggiunta, andrebbe effettuata una semplificazione amministrativa e burocratica attraverso ulteriori decreti attuativi.

Oggi le ZES rappresentano una risorsa per il rilancio e il rafforzamento dell’export che, secondo uno studio di PWC (2019), vale circa 200 miliardi di dollari per le imprese insediate in queste zone.

Come sostenuto da Gianluca Totaro nell’articolo ZES, Infrastrutture ed Export: così può Ripartire l’Italia puntando sul Sud, bisognerebbe puntare sull’export attraverso la realizzazione di infrastrutture moderne e competitive insieme alle misure fiscali previste dalle ZES. 

A riprova dell’importanza dell’export vi è la realizzazione del Piano Export Sud gestito da ICE. Con una dotazione finanziaria pari a euro 50.000.000,00, destinata all’attuazione di iniziative di formazione e di promozione a favore delle PMI localizzate nelle “Regioni meno sviluppate” (Calabria, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia) e nelle “Regioni in transizione” (Abruzzo, Molise, Sardegna), il Piano persegue due finalità: trasformare le aziende potenzialmente esportatrici in esportatori abituali ed incrementare la quota export ascrivibile alle Regioni del Mezzogiorno sul totale nazionale.

 

*Alessandro Cianfrone – Dottore Commercialista

Consigliere Nazionale ADC

Delegato all’Internazionalizzazione e alla Finanza di impresa

 www.adcnazionale.it

 

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