Con Domenico De Masi si aggiunge un altro incontro importante ai tanti che dal 2008 si sono succeduti nel format “90 minuti con…”. Maurizio Beretta ex DG di Confindustria - l'AD di F2i, Vito Gamberale (2009) - Giuseppe Farina, membro del Tusian in Turchia (2010) - l'astronauta statunitense Lawrence J. DeLucas (2010), Luca Giuratrabochetta - Country Manager di Google Enterprise (2012) - Stefano Parisi, Presidente di Confindustria Digitale (2013) e, infine con Simone Puksic a marzo 2018. L’impegno di De Masi è da sempre volto a capire gli effetti tra l'azione congiunta di progresso tecnologico, sviluppo organizzativo, globalizzazione, mass media, scolarizzazione di massa e trasformazione della società, rendendolo un interlocutore di primaria importanza per rispondere a quesiti quali: gli effetti del progresso tecnologico sull'occupazione, il futuro dei NEET, come dovranno cambiare le imprese.
De Masi sostiene che «per progettare qualsiasi futuro, e in particolare quello del lavoro, occorre prevederlo».
Nel corso dell'incontro è stata illustrata la sua ultima ricerca "Lavoro 2025", realizzata con altri undici esperti in differenti materie, di cui è stato coordinatore.
Ha aperto i lavori il dr. Silvano Pagliuca, Vice Presidente Vicario Confindustria Chieti Pescara e Consigliere Delegato Centro Studi Confindustria Abruzzo, promotore del format “90 minuti con…” che ha dichiarato: “Perché ho invitato De Masi? Per tre motivi.
Primo. Per effetto dello sviluppo tecnologico e dell’intelligenza artificiale il mondo delle professioni e del lavoro si sta trasformando radicalmente. Alcuni tra i maggiori studi certificano questo processo su scala mondiale. Il World Economic Forum nel 2016 ha ipotizzato per le quindici maggiori economie nazionali del mondo una potenziale perdita di posti di lavoro entro il 2020 in assenza di un adeguamento del mercato. L’Oxford Martin School prevede entro dieci-vent’anni la radicale trasformazione del 50% delle professioni in Europa. La società di consulenza strategica Mc Kinsey ha evidenziato che il processo di automazione potrà riguardare il 45% delle attuali attività lavorative.
Secondo. Il passaggio da una società industriale a una società “digitale” è sotto gli occhi di tutti. Ieri grandi industrie realizzavano enormi profitti impiegando svariate migliaia di lavoratori per produrre beni e servizi materiali, “pesanti” (labour intensive). Oggi le grandi aziende producono beni immateriali, “leggeri” (capitalintensive), sfruttando le potenzialità della tecnologia e dell’automazione. Tra le società più potenti al mondo troviamo, non a caso, Google, Facebook, Microsoft, Amazon, Apple. Quest’ultima ad agosto ha superato come capitalizzazione di mercato la soglia dei mille miliardi di dollari e la stessa è stata oltrepassata in queste ore da Amazon. Morale: profitti strabilianti e indice di occupazione ridotto.
Terzo Per effetto dei cambiamenti che abbiamo esposto, il rischio che la disuguaglianza cresca ancora di più è alto. Secondo il Rapporto Oxfam il mondo è
sempre più diseguale. Nel 2017 le 8 persone più ricche al mondo detenevano l’equivalente della ricchezza posseduta dalla metà più povera della popolazione mondiale, ovvero 3,6 miliardi di persone! Forse abbiamo un problema di redistribuzione? Al di là della scala dei valori che è personale, c’è un oggettivo problema per le aziende: stanno scomparendo i clienti, a chi venderemo prodotti e servizi nei prossimi anni se la fascia della popolazione intermedia si sposta sempre più verso la povertà?”
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