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Codice Citra celebra i 50 anni della Doc Montepulciano d’Abruzzo

Per celebrare i 50 anni della nascita della Doc, la cooperativa Codice Citra ha organizzato un evento nel suggestivo teatro di Lanciano dove questo straordinario vitigno è stato raccontato dal punto di vista storico, scientifico ed enologico ma anche attraverso i racconti di autorevoli personaggi abruzzesi

A cura della redazione

È stato un appuntamento realmente straordinario quello organizzato da Codice Citra - che con le sue 9 cantine associate, i suoi 6.000 ettari di superficie vitata e 3.000 soci, rappresenta la più importante realtà produttiva abruzzese – che per celebrare i 50 anni della Doc Montepulciano d’Abruzzo (nata nel maggio del 1968) ha chiamato nel suggestivo Teatro di Lanciano, alcuni dei più autorevoli personaggi del mondo del vino, della cultura, della scienza italiani ed abruzzesi.

Ad introdurre l’incontro Valentino Di Campli, presidente di Codice Citra, che ha sottolineato l’importanza di Codice Citra, “un’azienda “comunità” in grado non solo di aggregare oltre 3.000 soci ma anche di rappresentare un fondamentale tramite per portare oggi il vino abruzzese sui principali mercati internazionali”. “Codice Citra – ha proseguito Di Campli – è una realtà cooperativa di secondo livello che è cresciuta moltissimo negli anni grazie soprattutto al poter essere in una delle regioni vitivinicole più vocate d’Italia (la quinta in termini di produzione) e in una terra, quella di Chieti, tra le tre province più produttive del nostro Paese. “Nelle nostre mani, pertanto – ha concluso Di Campli – passa e passerà anche in futuro gran parte dell’ulteriore qualificazione e riconoscibilità di un vino fondamentale per la nostra regione come il Montepulciano d’Abruzzo”.

Molto atteso l’intervento di Attilio Scienza, docente all’Università Cattolica di Milano, e oggi riconosciuto a livello internazionale come uno dei maggiori ricercatori nel settore vitivinicolo.

Scienza ha illustrato i confini attuali della ricerca vitivinicola, in particolare quelli relativi alla zonazione viticola “che con gli strumenti attuali consente di arrivare a conoscere in maniera approfondita le caratteristiche peculiari di ogni territorio, quasi metro quadrato per metro quadrato”. “Le tecnologie attuali – ha spiegato Scienza - in particolare grazie all’ausilio dei satelliti ci consentono non solo di avere la fotografia fedele dei nostri territori vitati ma anche di avere quadri di previsione molto più attendibili. Inoltre abbiamo attualmente a disposizione sensori ad elevata sensibilità per rilevare in diretta le reazioni fisiologiche della pianta in diverse fasi vegetative e di mutazioni climatiche. Tutte informazioni che in sostanza ci consentono di gestire i vigneti in maniera molto più sostenibile (intervenendo solo quando è necessario) e indirizzarli in modo più preciso verso gli obiettivi enologici che ci si è prefissati”. Riguardo la storia del Montepulciano d’Abruzzo è intervenuto Maurizio Odoardi, funzionario tecnico della Regione Abruzzo che ha sottolineato come “oggi si festeggino i 50 della denominazione Montepulciano d’Abruzzo ma il vitigno Montepulciano nero nella nostra terra è arrivato al suo 226° anno”. Odoardi ha inoltre ricordato la grande storicità della vitivinicoltura abruzzese dimostrata anche da “reperti che risalgono al 1.000 a.C e già nel 1° secolo a.c. Ovidio citava Sulmona come grande terra cara a Cerere e molto più fertile per le uve”. “In un inciso storico del 1377 – ha proseguito Odoardi – il Re affermava che il Sangiovese era coltivato in provincia di Teramo”.

Per arrivare a tempi più vicini ai nostri, Odoardi ha evidenziato come “nel censimento del 1922  in provincia de L’Aquila si parla di 3.199 ettari di vigneto e nel 1929 in Abruzzo erano presenti 14.353 ettari e vite”.

“Allo stato attuale – ha concluso Odoardi - In Abruzzo sono presenti 32.000 ettari di vigneto e di questi il 53% è rappresentato dal Montepulciano nero con 16.700 ettari”.

Molto interessante e “autobiografico” l’intervento di Nicola Dragani, presidente di Assoenologi Abruzzo. “Sono cresciuto a pane e Montepulciano d’Abruzzo – ha raccontato Dragani – come penso molti altri abruzzesi. Mia madre mi ha spesso ricordato durante la mia vita di avermi partorito dopo aver svinato l’ultima vasca di Montepulciano”.

Dragani, inoltre, ha ricordato il grande ruolo di Edoardo Valentini, lo storico produttore abruzzese mancato alcuni anni fa, nella qualificazione del Montepulciano d’Abruzzo “ben prima della nascita della denominazione”. Come pure Dragani ha ascritto ad un altro importante nome della vitienologia abruzzese, l’enologo Carmine Festa, recentemente scomparso la “crescita della produzione enologica abruzzese e l’averci portato nell’era dell’enologia moderna”. “Grazie a uomini come Valentini e Festa il Montepulciano d’Abruzzo ha fatto passi enormi – ha sottolineato Dragani – e oggi il ruolo di noi enologi è quello di garantire che la storia, le peculiarità dei nostri terroir siano racchiuse nelle nostre bottiglie”.

Dopo le relazioni programmate ha avuto inizio un brillante talk show moderato dal noto giornalista, di origine abruzzese (L’Aquila), Bruno Vespa. Vespa ha subito esordito raccontando come il Montepulciano d’Abruzzo sia “il vino della mia vita”. “E’ un vino a cui sono molto legato – ha spiegato il noto giornalista e scrittore – e penso che mi abbiano bagnato le labbra con questo vino fin da piccolo. Un rituale che forse andrebbe recuperato al fine di ridurre il numero degli astemi, di persone che si perdono così una delle cose più belle della vita”. Vespa ha voluto poi inviare un grande ringraziamento ad “una grande cooperativa e soprattutto ai suoi soci ai quali voglio dire bravi anche per non essersi mai accontentati e di investire costantemente nel miglioramento qualitativo dei vostri prodotti. Questo significa che state investendo nel vostro futuro e di chi verrà dopo di voi”.

Vespa ha poi dato la parola a Niko Romito, il noto chef abruzzese e oggi probabilmente tra i “cuochi” (è stato proprio Romito ha sottolineare la sua preferenza a questa definizione rispetto all’oggi più utilizzato e “modaiolo” termine chef), italiani più apprezzati e popolari anche a livello internazionale.

Romito ha evidenziato la straordinaria importanza delle proprie radici anche nella sua cucina. “Nella mia cucina – ha spiegato il noto cuoco di Castel di Sangro – c’è tantissimo di “locale” sia per quanto riguarda la materia prima ma anche per l’assenza di quello stress che si può trovare nelle cucine di città. L’avere scelto di rimanere a Castel di Sangro, di fare di questo piccolo angolo pacifico dell’Abruzzo non solo la sede di Casa Donna ma anche del nostro centro di formazione, ci consente di trasmettere i valori di questa terra in ogni angolo del mondo dove lavoriamo”.

E sono oggi quasi 200 persone che lavorano nei diversi progetti di Niko Romito sia in Italia che all’estero. “Ma non dimentico mai – ha evidenziato Romito – la nostra partenza a Ravisondoli, quando eravamo solo in quattro e nella nostra carta vini c’erano solo 5 o 6 vini e in particolare il Montepulciano d’Abruzzo. Conoscevo molto poco del vino ai miei inizi e la mia crescita nell’ambito gastronomico ha coinciso con quella del vino”.

Ma come valorizzare il Montepulciano d’Abruzzo in cucina? “Noi abbiamo fatto una scelta “estrema” – ha detto Romito – e cioè non ci siamo limitati ad utilizzare questo grande vino per sfumare sughi o fare riduzioni perdendo così tutte le caratteristiche autentiche del Montepulciano ma inserendolo solo alla fine della preparazione del piatto. Così abbiamo potuto mantenere integre le caratteristiche qualitative, organolettiche di questo grande vino abruzzese”.

Molto suggestivo anche l’intervento della scrittrice, anche lei di origine abruzzese, Giulia Alberico: ”Mi emoziono ogni volta che torno nella mia terra d’Abruzzo. Penso sia un territorio bellissimo con la sua luce liquida sulle vigne in qualsiasi stagione. Molti dei miei ricordi sono legati agli odori di questa terra, a partire da quello del mosto, e vivo pertanto i miei tanti ritorni nella mia terra d’origine in maniera sensuale, facendomi trasportare soprattutto dall’olfatto. Non si tratta di campanilismo, solo se uno ama e conosce bene la propria terra può diventare anche un cittadino europeo, del mondo”. Ma la Alberico ha voluto anche smentire alcuni luoghi comuni legati all’Abruzzo: “Per troppo tempo – ha spiegato la scrittrice – siamo stati considerati una regione “primitiva” invece siamo una terra generosa, solidale, aperta anche grazie al mare che ci fa confrontare costantemente con il mondo. Siamo una regione musicale, colta, con colline stupende e ottimi vini a partire dal Montepulciano d’Abruzzo”. “Il mio Abruzzo ha concluso la Alberico -  entra sempre nei miei libri, magari partono da Hong Kong ma cerco di farli chiudere sempre in Abruzzo”.

Altro importante uomo d’Abruzzo intervenuto al talk show è stato Giovanni Legnini, vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura. “Vivendo purtroppo da molti anni fuori dalla mia terra abruzzese – ha spiegato Legnini – ho avuto però il privilegio di poter osservare la straordinaria crescita dei vini abruzzesi grazie alla capacità dei suoi tanti produttori”. “Fino ad una decina di anni fa, ad esempio – ha proseguito Legnini – era difficile trovare nella ristorazione romana una presenza adeguata di vini della nostra regione, mentre oggi sono protagonisti nelle carte vini dei più importanti ristoranti di Roma”. Legnini ha inoltre evidenziato come la Doc riconosciuta nel maggio del 1968 “ha consentito al Montepulciano d’Abruzzo non solo di certificare ufficialmente la sua qualità ma di stringere tutti i produttori attorno a regole condivise. Base questa fondamentale per essere riconoscibili e credibili sui mercati attuali del vino”. Legnini, in conclusione del suo intervento, ha ricordato un altro grande uomo abruzzese come Marcello De Cecco che, parlando dell’annosa querelle tra il Montepulciano d’Abruzzo e la località toscana di Montepulciano, dichiarava: ”Ho vissuto 15 anni a Siena ma portavo sempre con me il Montepulciano d’Abruzzo perché solo così mi sentivo a casa”.

Dichiarazione d’amore nei confronti del Montepulciano d’Abruzzo anche quella del noto regista abruzzese, Pierluigi Di Lallo: “Sono profondamente legato a questo vino e a lui sono legati anche molti aneddoti della mia vita. Come quella volta che ho portato da Masciarelli Gerard Depardieu che si innamorò perdutamente del Montepulciano d’Abruzzo. Un amore che continua tuttoggi e che mi “obbliga” a regalargli in ogni occasione questo nostro straordinario vino”. Ma il vino entra spesso nei vini di Di Lallo: ”Anche nell’ultimo film che stiamo preparando, dal titolo “Nati due volte” il vino avrà una sua parte perché lo considero un tramite straordinario per scrivere, raccontare storie”.

In conclusione del talk show le parole della sommelier abruzzese Emanuela Cornelii: ”Per una sommelier abruzzese – ha spiegato la Cornelii – il Montepulciano d’Abruzzo rappresenta il vino più importante da raccontare. E nei nostri racconti di questo nostro grande vino dobbiamo trasferire al mondo i valori dei nostri territori produttivi ma anche i suoi sentori. Per questa ragione diventa fondamentale conoscere le peculiarità di ogni nostra area produttiva per poter raccontare al meglio le tante diverse anime del Montepulciano d’Abruzzo”.

Appendice finale, ma molto importante, dell’evento organizzato da Codice Citra, la presentazione del progetto di zonazione.

A presentarlo il più noto enologo italiano Riccardo Cotarella, da circa un anno a capo del team tecnico di Codice Citra. Insieme a presentare il progetto di zonazione gli enologi di Codice Citra  Lino Olivastri e Davide Dias.

“Cotarella – ha raccontato Olivastri – ci ha fatto capire fin da subito l’importanza di una zonazione del nostro vigneto spiegandoci che era paradossale che in un territorio così vasto si avessero così poche interpretazione di Montepulciano. Abbiamo così individuato 4 zone diversificate, per una superficie di circa 100 ettari, su cui attivare il nostro progetto di zonazione”.

“Si tratta di un progetto di straordinaria importanza non solo per Codice Citra ma per la qualificazione di tutto il Montepulciano d’Abruzzo e più in generale della valorizzazione della vitivinicoltura abruzzese – ha spiegato Cotarella – ma al tempo stesso è molto complesso perché mai è stata fatta una sperimentazione di questo genere in un’area così vasta (oltre 100 ettari).”

“Si deve quindi dare merito a Codice Citra, a questa importanza cooperativa – ha proseguito Cotarella – di essersi assunta una straordinaria e difficile responsabilità. E questo testimonia anche a quali vertici qualitativi può arrivare il mondo della cooperazione vitivinicola. Un gigante talvolta dormiente ma che quando si sveglia costringe tutti a scappare. Se la cooperazione si dota di managerialità adeguate e di strategie corrette è in grado di far fare passi avanti incredibili alla nostra vitivinicoltura. E Codice Citra in tale direzione è un esempio eloquente”.

Ma Cotarella ha voluto evidenziare ulteriormente le opportunità che scaturiranno da questa importante ricerca di zonazione: ”Finalmente saremo in grado di dare un nome, un significato alle tante peculiarità del Montepulciano d’Abruzzo. Già le prime evidenze della ricerca stanno mettendo in luce un’infinità di diversità sia dal punto di vista di suoli, di microclimi. Su tali diversità costruiremo le nuove interpretazioni del Montepulciano d’Abruzzo, capaci di raccontare al meglio questo re dell’enologia abruzzese”.

 

 

 

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