Dopo oltre tre lustri passati ai vertici del beach volley internazionale, l’ortonese Paolo Nicolai, 37 anni da compiere il prossimo 6 agosto, ha lasciato la pallavolo da spiaggia giocata, senza per questo abbandonare la sabbia. Già nello scorso novembre, infatti, Nicolai era stato annunciato dalla FIPAV come direttore tecnico del settore maschile del beach volley italiano. Proprio con questa carica in pectore, l’atleta ortonese ha affrontato in coppia con Samuele Cottafava l e Finals del Pro Tour a Doha, dovendosi arrendere ai tedeschi Nils Ehlers e Clemens Wickler, freschi di medaglia d’argento conseguita alle Olimpiadi di Parigi della scorsa estate.
“Quando il match è terminato, è stato un momento emozionante - ricorda Nicolai -, dato che il giocare a beach volley era ormai parte integrante della mia vita: giocare era il motivo per cui mi alzavo la mattina, affrontando il tutto per diventare il migliore al mondo. Il distacco, tuttavia, non è stato traumatico, in quanto la decisione del ritiro era maturata nel tempo: se non avessi continuato a conseguire buoni risultati, avrei lasciato prima il beach volley giocato. D’altra parte, volevo lasciare al vertice e non far sì che gli eventi portassero a prendere detta decisione in maniera forzata”.
Il ritiro di Nicolai dalla sabbia è però un ritiro dimezzato dal nuovo incarico, che Nicolai ritiene “Ciò che avrei sempre voluto fare, in cui ho l’obiettivo primario di far bene. In passato, proprio in previsione di quanto sarebbe potuto accadere nel futuro, sfruttavo i (pochi) momenti liberi che avevo per andare ad allenare squadre giovanili. Ho cercato sempre di aggiornarmi, nella consapevolezza che tutto cambia e che il tempo gioca contro di noi, dunque bisogna sfruttare ogni giorno per conseguire i propri obiettivi”.
L’incarico di direttore tecnico comporta nuove responsabilità per l’abruzzese, in primis quella di avere “più contatti possibili con gli allenatori sia della pallavoloindoorsia beach, per ricavarne spunti utili. Sono altresì fondamentali il dialogo con i ragazzi, le approfondite analisi della situazioni, lo scambio di opinioni con lo staff, il tutto per costruire un ambiente virtuoso che possa far esprimere all’atleta il massimo del potenziale.
Ciò passa, secondo Nicolai, “dall’avere e perseguire valori condivisi, dal prendersi la responsabilità sportive e morali. Il compito di uno staff tecnico è quello di mettere gli atleti nelle migliori condizioni di lavoro, da ottenersi con il dialogo e il materiale video per integrare quanto proposto. Il risultato sportivo, dal canto suo, dipende non solo da come hai lavorato ma anche da come hanno lavorato gli avversari e da alcune situazioni contingenti che possono sempre intervenire: l’importante è sempre dare il proprio massimo”.
Nicolai, più di recente, ha conosciuto in maniera più approfondita Julio Velasco, il quale, forte dell’oro conquistato alla guida della Nazionale femminile di pallavolo nelle Olimpiadi parigine della scorsa estate, è ormai divenuto parte dell’Olimpo di questo sport. Paolo si spinge ancora più oltre, affermando come il tecnico argentino sia “un punto di riferimento per lo sport in generale e non solo per la pallavolo. Senza dubbio ha una forte personale, in virtù della quale esercita una leadership indiscussa sulla squadra, responsabilizzando tutti gli atleti ed essendo, in questo, un leader forte sebbene non autoritario. Il suo stile di leadership fa in modo che al centro dello sport vi siano gli atleti, un concetto che faccio mio. Ogni allenatore, poi, ha un personale stile in questo, spesso anche radicalmente diverso: è mio dovere approfondire tutto al fine di avere conoscenza di tutti gli aspetti dello sport”.
Un concetto, quello dell’eclettismo, che consiste nel selezionare elementi diversi al fine di pervenire ad una sintesi personale, originale e piuttosto sistematico e che Nicolai non solo sta seguendo da D.T., ma ha anche accolto da giocatore, spesso in maniera eccessiva, come oggi riconosce. “Ho sempre cercato - prosegue il campione abruzzese - di prendere il meglio da tutti. Oggi però devo ammettere che in qualche modo ho anche sbagliato, in quanto ero ossessionato dall’alzare l’asticella e superare i miei limiti, rubando, in qualche maniera, il meglio dai miei avversari, tutti giocatori di alto livello, ma anche dai miei compagni di squadra”.
Questa minuziosità estrema ha portato Paolo ad ottenere molte vittorie significative ed ancora emozionanti, dai campionati juniores, agli Europei per coronare il tutto con la medaglia d’argento conquistata insieme a Daniele Lupo ai Giochi olimpici di Rio nel 2016 (ad oggi, questa è l’unica occasione in cui l’Italia ha conseguito una medaglia nel beach volley). Tuttavia, nel suo cuore un posto speciale lo occupa Parigi, sede delle ultime Olimpiadi, in quanto “giocare in quella città, di fronte alla mia famiglia e ai miei figli, ha avuto un valore affettivo molto importante, rinforzato anche dal giocare in una cornice prestigiosa come l’Eiffel Tower Stadium” (che si trova letteralmente all’ombra della Tour Eiffel).
Un contesto migliore probabilmente non si sarebbe potuto chiedere per concludere l’esperienza olimpica di Paolo da giocatore che ha sempre inseguito questa passione “nata a casa e trasmessami da mio padre, un medico sempre a contatto con le squadre di pallavolo e da mio fratello maggiore, che giocava a volley indirizzando le mie scelte. Ero portato sia nel beach volley sia nell’indoor, che ho sempre visto come due discipline facenti parte dello stesso sport, la cui pratica porta a migliorare sia nell’uno sia nell’altro. Non dobbiamo dimenticare che fino alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996 il beach volley non era neanche uno sport olimpico, per cui tale disciplina è giovane ed ancora in fase di crescita, alla quale spero di contribuire anche in questa nuova veste, preparando al meglio i ragazzi in vista dei Giochi di Los Angeles nel 2028”.
Dalla Costa Est alla Costa Ovest, sono sempre gli States ad aver influenzato il cammino di un campione abruzzese, prima da sognatore e poi da protagonista.
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